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COV: cosa sono
Cosa si intende per COV
Per COV si intendono i Composti Organici Volatili. Sono ritenuti volatili tutti i composti organici che alla temperatura di 20°C (293,15 K) hanno una pressione di vapore uguale o superiore a 0.01 kPa.
Sono COV anche i composti che alla temperatura di utilizzo hanno una volatilità corrispondente alla definizione di cui sopra (una pressione di vapore uguale o superiore a 0.01 kPa). La gran parte dei solventi utilizzati nei vari settori produttivi sono considerabili COV. I composti organici volatili (COV) comprendono una serie di sostanze liquide e gassose, molte delle quali si caratterizzano per essere incolore e inodore. Essendo volatili vaporizzano facilmente a temperatura ambiente.
Che origini hanno?
I COV hanno origine sia naturale che antropica. I composti organici volatili di origine naturale provengono dalle piante; i terpeni, ad esempio, sono una famiglia di COV pressoché ubiquitaria nelle piante superiori, e particolarmente accumulata in alcune specie (es: rosmarino, lavanda, menta, agrumi, prezzemolo, anice, camomilla). I COV vengono prodotti e si accumulano in tutti gli organi della pianta (steli, foglie, gemme, fiori, semi, frutti, legno, radici), sebbene siano maggiormente presenti degli organi aerei.
I COV di origine antropica sono molecole costruite dall’uomo, utilizzando alcuni derivati dalla raffinazione del petrolio che consentono, ad esempio, la produzione di solventi organici largamente impiegati nella produzione di vernici ed inchiostri, nei trattamenti delle superfici (verniciature di auto e altri mezzi di trasporto, verniciature in genere su metallo, plastica, e legno, lavaggi di superfici), nel rivestimento del cuoio e nella produzione di calzature, nella conversione della gomma, nell’ estrazione di oli vegetali, rivestimenti adesivi, fabbricazione di inchiostri, fabbricazione di prodotti farmaceutici. Anche le operazioni di pulizia a secco sono comprese dalle norme sui COV.
COV e VOC hanno significato diverso?
VOC corrisponde all’acronimo inglese Volatile Organic Compounds: COV e VOC(s) hanno quindi il medesimo significato.
Quali sono le norme specifiche per le emissioni di COV?
L’emissione in atmosfera dei composti organici volatili concorre alla formazione del cosiddetto “Smog Fotochimico”: un fenomeno di inquinamento, favorito dalla radiazione ultravioletta solare, che vede coinvolti, oltre ai COV, anche gli ossidi di azoto (provenienti da ogni combustione: traffico, riscaldamento, produzioni industriali, stoccaggio e distribuzione carburanti, ecc.). Tale fenomeno si evidenzia con la creazione di Ozono nella troposfera, ovvero nella parte dell’atmosfera nella quale viviamo. In Italia la prima norma sull’inquinamento atmosferico risale al 1966 (legge 615), la quale ha trovato una prima applicazione per il controllo delle emissioni industriali in senso lato (quindi anche per le emissioni di COV) a partire dal 1972 (DPR 322). I limiti di emissione per i COV generalizzati a tutto il territorio nazionale risalgono al 1990 (D.M. 12.7.1990, decreto attuativo del DPR 203/88). Le prima norma dedicata esclusivamente alle emissioni di COV è la Direttiva 1999/13/CE, del 11 marzo 1999, conosciuta appunto come Direttiva VOC (dall’acronimo inglese). Uno specifico elenco dell’Allegato III alla parte quinta del D. Lgs. 152/2006 individua i settori sopra richiamati, descrivendone sinteticamente l’attività svolta, e indicando la quota di consumo di solvente a partire dalla quale si applicano le prescrizioni inerenti le emissioni di COV.
Quali sono i limiti per i COV ?
La normativa europea 2004/42/CE diversamente da quella tedesca e italiana, non ha ritenuto di differenziare i limiti a seconda della presunta pericolosità dei COV. I limiti sono espressi a prescindere dal tipo di solvente utilizzato (tedeschi e italiani avevano individuato classi di pericolosità che a loro volta determinavano il grado di severità dei limiti da adottarsi). Fanno eccezione, nella normativa europea, e nel suo recepimento, solo alcune sostanze e preparati, caratterizzati da precise frasi di rischio: H340, H350, H350i, H360D o H360F (ex frasi R45, R46, R49, R60, R61) che potemmo definire cancerogeni e loro stretti parenti, nonché H351 e H341 (ex R40 e R68) che potremmo definire “anticamera” dei cancerogeni e dei loro parenti stretti. Per sostanze e preparati caratterizzati dalla predette frasi di rischio sono previsti limiti di carattere generale, riferiti alla singola sostanza riconosciuta come tale e applicabili a prescindere dal settore produttivo.
Come sono espressi i limiti di emissione per i COV?
I limiti nella normativa sui COV sono di varia natura. Sono previsti classici limiti al camino espressi in mg/Nm3; limiti per le emissioni diffuse, espressi in % rispetto all’input di solvente; limiti per le emissioni totali, quantità di solvente per unità di prodotto, in quantità di solvente per unità di superficie. Per le sostanze più pericolose i limiti in concentrazione sono legati al flusso di massa (espresso in g/h). I limiti al camino si verificano attraverso specifici metodi analitici; due dei predetti metodi sono di tipo automatico, applicano il principio della ionizzazione di fiamma (usando lo strumento F.I.D. ), ed esprimono il risultato in mg Carbonio /Nm3, essi cioè non sono qualitativamente selettivi e non distinguono i singoli composti organici volatili presenti. Per i composti più pericolosi è previsto il metodo di adsorbimento su fiale di carbone attivo, con successivo desorbimento e determinazione gascromatografica, in grado di distinguere qualitativamente e quantitativamente i singoli composti. I metodi sono: UNI EN 13649 (per singoli composti), UNI EN 12619 e UNI EN 13526 (rispettivamente per COV < 20 mg/Nm3 e per COV ≥ 20 mg/Nm3).
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